Durante il periodo natalizio i dolci sono immancabili  in tutte le case della Campania, la nostra tradizione  peraltro  è ricchissima  in questo periodo di feste di prodotti tipici e di origini antichissime.

Gli struffoli sembra addirittura che siano stati portati dai Greci al momento della fondazione di Partenope, greca infatti è con ogni probabilità  l’origine del nome da “strongolus”, arrotondato che richiama la forma di queste deliziose palline fritte, ottenute con un impasto di uova e farina, compattate dal miele e  con  guarnitura di canditi e confetti di zucchero. Anche i susamielli fanno parte dei dolci della tradizione natalizia campana, diffusissimi in tutta la regione, questi biscotti duri di forma rotonda o a esse, pare che, preparati rigorosamente in casa, venissero serviti al mattino del giorno di Natale.

L’etimologia della parola roccoco’ rimanda invece  “a roccia artificiale”, senz’altro per la consistenza particolarmente dura e l’aspetto quasi marmoreo, dovuto alla presenza delle mandorle, di questo dolce  che, tradizione vuole, venga consumato  a partire dal giorno dell’Avvento  per tutto il periodo delle feste. I mustaccioli, deliziosi dolci anch’essi di antichissima tradizione, citati in numerose opere letterarie e teatrali partenopee, devono il loro nome ai mustacchi, i baffi lunghi e folti dei signori di altri tempi, che ricordano per la loro forma romboidale. I raffiuoli sono, invece, l’adattamento del raviolo salato del nord Italia, a cui si ispirano nel nome e nella forma; nella versione campana diventano   però un  dolce a base di pan di spagna che nella ricetta originale, peraltro antica e laboriosa, è ricoperto di marmellata di albicocche e poggia su una glassa di zucchero,  ne esiste  poi anche la versione più  recente definita  “a cassata” farcita con crema di ricotta, cioccolato, zucchero, canditi, cannella, maraschino e vaniglia.

Un discorso a parte merita poi il torrone, conosciuto già al tempo dei Romani, come dimostrano alcuni scritti dello storico Tito Livio e del  poeta Marziale che ci racconta della cupedia, specialità del Sannio, non è un caso quindi  che i venditori ambulanti di torrone vengano chiamati cupetari. Il termine torrone invece  deriverebbe da torreo, verbo che significa abbrustolire con facile riferimento alla tostatura delle mandorle e delle nocciole.

La produzione del torrone è diffusissima soprattutto a Benevento e  nella sua   provincia  con numerosi centri  produttivi di eccellenza, come Santa Croce del Sannio, Monfalcone di Val Fortore e  San Marco dei Cavoti, quest’ultimo comune   ormai famoso in tutta Italia  per il suo croccantino, un gustosissimo torrone molto croccante ricoperto di cioccolato fondente. La fama del torrone di Benevento, già enclave dello Stato Pontificio, si diffuse in particolar modo dal XVII secolo, in quanto, in occasione delle feste natalizie, il prodotto veniva mandato a Roma in dono a prelati ed alti personaggi della Capitale. Non a caso  una delle specialità prodotte, una vera leccornia, fu chiamata appunto “torrone del Papa”. Ma furono soprattutto i Borboni nel 1800 a valorizzare la “cupeta beneventana” facendolo diventare il prodotto natalizio per eccellenza e dando l’avvio alla tradizione che si è tramandata fino ai giorni nostri.

Brunella Mercadante