di Erica Esposito

A causa delle scarse possibilità di lavoro e condizioni di vita, sono in molti quelli che hanno deciso di iniziare una nuova vita lontano dalla propria città natale, e tutto ciò riguarda principalmente il Sud. Infatti, la maggior parte dei giovani, una volta terminato il proprio corso di studi, decide di cercare lavoro altrove ed iniziare così una nuova vita, alla ricerca di un qualcosa di migliore. D’altronde, questo fenomeno riguarda tutta la nazione, ormai invecchiata, con una base demografica che ha subìto forti oscillazioni negative nel numero delle nascite dagli anni Settanta in poi e una variazione che penalizza soprattutto il Sud. Non a caso, secondo le ultime previsioni ISTAT, entro il 2065 la popolazione residente in Italia diminuirà di circa 6 milioni e mezzo, penalizzando sempre di più il Mezzogiorno a favore del Centro-Nord. Un quadro per niente incoraggiante, in cui solo la presenza degli immigrati può salvare la situazione e conservare l’equilibrio del sistema, chiaramente dimenticandoci tradizioni e valori secolari. Nonostante ciò, l’amore nei confronti della propria terra non si dissolve così facilmente. Infatti, sono tante le persone che decidono di ritornare nei propri paesi di origine per le vacanze estive, ripopolando, soprattutto tutta l’area meridionale, ma in un periodo molto ridotto. Con l’arrivo di settembre, però, arriva anche il momento di fare le valigie e ritornare alla vita quotidiana, fuori dalla propria terra. I paesini del Sud si spopolano, riportando la solitudine e la malinconia dell’inverno. A tal proposito, è possibile riportare una lettera scritta da un giovane giornalista catanzarese, Matteo Brancati, in cui è possibile riscontrare l’attaccamento nei confronti della propria terra, nonostante la si sia lasciata:

É arrivato quel momento di lasciare la Calabria, i posti del cuore, delle vacanze estive.
La valigia è sul letto. É pronta per accogliere maglioni e pantaloni invernali.
Mamma è già in difficoltà, ma cerca di mascherare il dispiacere.
“Questa camicia la porti con te”? “Ma non sarebbe meglio metterci dentro anche delle sciarpe?”. “Dai, settimana prossima ti faccio un pacco con altri indumenti pesanti”. Tutti gli anni è così. Tutti gli anni l’ultima domenica di agosto è inquietudine, malumore, tristezza. I ricordi dell’estate sono ancora vivi. Il tuffo dallo scoglio di Pietragrande, la gita in Sila, le passeggiate a Soverato, Lido.
Patate e peperoni, il morzello, il pesce fresco, le melanzane ripiene, i mostaccioli.
Il concerto di Jovanotti, Mannarino, dello sconosciuto gruppo calabrese. Le feste, le risate con gli amici, le gite in barca e la pioggia battente nel bel mezzo del pomeriggio. Finisco di piegare le ultime camicie e mi imbatto in una foto scattata con una vecchia Polaroid. Siamo io e gli amici di un tempo sul pedalò a Copanello. Avevamo appena terminato le scuole superiori. Eravamo spensierati, sorridenti. Ed era magnifico. Eccome se lo era. Varco la porta di casa.
Saluto la mia vicina, un’anziana signora che mi ha visto crescere. L’auto che dovrà portarmi alla stazione mi attende.
Saluto la mia famiglia. Mamma raccomanda di chiamarla o inviare un messaggio quando arrivo.
L’abbraccio con malinconia. La Calabria lo so, mi mancherà. Perché é la mia Terra. Perché la amo. Sempre.”