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DIBATTITI SU SUD E NORD: LE NOSTRE TESI E LE (SOLITE) TESI PADANEGGIANTI… Appena fondai il Movimento Neoborbonico mi arrivò una telefonata da uno dei capi storici della Lega Veneta: “ci dobbiamo incontrare, diciamo le stesse cose, facciamo insieme la secessione”. Prendemmo un buon caffè al Gambrinus ma dopo un paio d’ore il “gemellaggio” fallì. La mia risposta fu semplice: “secessione? Ok ma da quel momento ogni vostro pandoro qui costerà tanto e nessuno ci potrebbe impedire di farne a meno o di comprarli magari in Spagna”. “Ma così non va bene”, concluse il leghista. Esatto: così non va bene (a loro). Ecco, forse, perché in tutti questi anni hanno fatto finta di volere le secessioni con le ampolle del sacro fiume Po. Ecco perché si sono “accontentati” di federalismi fiscali e prossimi regionalismi. E allora magari sono diversi i punti di contatto storici (dalle insorgenze antifrancesi dal Veneto alle Calabrie passando per i falsi plebisciti del 1860) e diverse sono anche le loro concessioni sul piano storico-culturale anche sulle motivazioni della questione meridionale. Magari con la speranza che parlando di storie o bandiere antiche, grazie al lavoro di tutti noi in tutti questi anni, qualcuno possa “abboccare” o cedere alla tentazione del “ma sì! Ognuno per conto proprio!”, soprattutto dopo i tanti e consueti attacchi antimeridionali di turno. Molti gli elementi positivi, allora, emersi dal confronto organizzato dalla Fondazione Il Giglio (link allegato) con il sottoscritto, con la prof.ssa Mariolina Spadaro (Università di Napoli) e il prof. Carlo Lottieri (Università di Verona). A proposito delle posizioni “secessioniste” di Lottieri, però, è emersa, più o meno, la vecchia tesi leghista del… Gambrinus. Cortese e utile il dibattito storico-culturale, meno cortese e meno utile, forse, quello politico-economico.

Premesso che per noi una secessione non può essere il frutto di autoproclamazioni e di referendum ma può solo legarsi a storia, cultura, lingue e tradizioni, in sintesi, per Lottieri (che ha approfondito il tema in un articolo successivo), il Nord continuerebbe a subire lo scippo annuale di soldi del famoso residuo fiscale. Senza tornare ai “conti unitari” (che pure sarebbero rilevanti), poco contano, per Lottieri, allora, gli 840 miliardi di euro che il Nord ha sottratto al Sud solo negli ultimi 17 anni (dati Eurispes, 2020). Vecchia e infondata, per Lottieri, anche la tesi del prof. Paolo Savona a proposito dei circa 50 miliardi di euro pubblici assegnati annualmente al Sud e degli oltre 60 miliardi che il Sud acquista annualmente al Nord in beni e servizi, tesi sempre più attuale (altro che “riesumata”). Per Lottieri “una cosa è ricevere risorse e un’altra è invece scambiare beni e servizi con due soggetti che realizzano una transazione, entrambi – nella loro soggettività – migliorano la loro condizione”. Peccato che non vengano smentiti con dati i documentatissimi studi di Savona. Peccato anche che restiamo in attesa di sapere quali beni e servizi il Sud venda al Nord. Peccato anche che ci sarebbero altri conti da fare su banche, assicurazioni o migliaia di aziende che vendono al Sud ma fatturano al Nord. Riepilogando, per Lottieri se uno compra il giornale dal giornalaio è perché preferisce quel giornale e non altri giornali. Il problema è che nella stragrande maggioranza dei casi il Sud da 150 anni non può scegliere. Del resto la tesi era chiara anche durante il dibattito: di fronte alle nostre osservazioni sulle coop venete che gestiscono i nostri musei, le nostre regge, i nostri scavi o i nostri templi, per il prof è anche giusto che capiti se quella coop “è brava”…

E il rischio (più per Lottieri che per noi) è che se continuano a crescere consapevolezze e senso di appartenenza e anche questo oggettivo complesso di superiorità “padano”, da queste parti qualcuno potrebbe iniziare a pensare davvero di scegliere prodotti e servizi diversi ed evitare di acquistare quelli del Nord e magari decidere di acquistare i bus pubblici non a Torino ma a Madrid o a Berlino… E magari prima o poi, con classi dirigenti finalmente adeguate, potremmo decidere di affidare i nostri beni culturali non più ad una coop veneta ma ad una coop di giovani disoccupati meridionali laureati in Conservazione dei Beni Culturali. Insomma: è sicuro che serve un nuovo progetto per l’Italia e forse un nuovo patto tra gli italiani ma è altrettanto sicuro che le premesse devono essere chiare e che dobbiamo continuare il nostro incessante lavoro di ricostruzione di identità, memoria e orgoglio.

PS Tra un pandoro e una pastiera non c’è gara.

Gennaro De Crescenzo

Link del confronto