Lo zucchero nel XVIII secolo fu in prima linea nel consentire la diffusione del consumo delle bevande calde. Dove giunse lo zucchero, seguirono caffè, tè e cioccolata: se le popolazioni che preparavano originariamente quelle bevande non le avessero proposte dolcificate, sarebbe stato inconsueto che gli europei le avrebbero accettate amare. La sua ascesa fu quella di un additivo culinario: l’introduzione nella cucina europea avvenne nel contesto del boom tardomedievale delle spezie. All’epoca lo zucchero era un condimento esotico, un sapore d’oriente. Trapiantato nel nuovo mondo, divenne rapidamente l’articolo più importante del commercio transoceanico. Il primo zuccherificio aprì a Hispaniola nel 1513. Passando ai giorni nostri, dal 1961 al 2009 il consumo di zucchero è raddoppiato e si stima che aumenterà ancora del 25% nei prossimi anni con conseguente allarme sull’incremento di malattie come l’obesità e il diabete in molti paesi del mondo. Immaginiamo di trovarci in un bar: zucchero bianco o zucchero di canna? Quale scegliamo e quali sono le reali differenze? Derivano da materie prime differenti: il primo dalla barbabietola, il secondo dalla canna da zucchero. Entrambi gli zuccheri estratti da queste piante contengono saccarosio, un disaccaride la cui molecola è composta da due zuccheri più semplici ovvero il glucosio e il fruttosio. Entrambi vengono sottoposti a dei processi che prevedono l’estrazione del saccarosio dalle impurità presenti nella melassa. Lo zucchero bianco è un prodotto quasi puro perché è sottoposto ad un processo di raffinazione che lo priva quasi completamente della melassa; lo zucchero di canna invece, contiene anche residui di melassa che comprendono in basse quantità minerali e vitamine. Entrambi hanno un comune denominatore: il saccarosio. Si tratta di uno zucchero semplice che raggiunge rapidamente il sangue e provoca l’aumento della glicemia e ricordiamo che per metà è costituito da fruttosio. Se si prendesse in considerazione a questo punto lo zucchero di canna integrale  non  sottoposto ad alcun processo di raffinazione, potremmo subito far caso al fatto che  non ha  le stesse caratteristiche organolettiche a cui siamo abituati. Ha un potere dolcificante minore ed ha un gusto più amaro. Per questo motivo, per avere lo stesso grado di dolcezza dello zucchero bianco, avremmo bisogno di aggiungerne un po’ di più. Il fatto che non venga sottoposto a processi di raffinazione, fa sì che vengano conservati minerali e vitamine presenti nel prodotto di origine. La quantità di questi preziosi elementi però è talmente irrisoria che bisognerebbe introdurre grosse quantità per beneficiarne, il tutto a costi decisamente più alti dello zucchero normale. Quale zucchero è il migliore? La chiave di lettura è il buon senso, badare alle quantità e non tralasciare il gusto personale!
 
di Anna Matania