Per fortuna in questa vita, certi uomini, ci lasciano la loro arte, la loro poesia, la loro umiltà, la semplicità, la “voce”…. Buon viaggio.

“Scusate”, l’ultima parola di un uomo, lo invidio. Ogni uomo dovrebbe morire pronunciando la parola: “Scusate”.

Una vita in punta di piedi, come un qualsiasi  uomo del sud, dolce e gentile, con il suo profilo greco, il suo spirito da brigante lucano e nello stesso tempo gentiluomo dell’Ottocento, orgoglioso, artista e umile solo come i grandi possono essere.

Mai una sbavatura, mai una scortesia, intonato fino all’inverosimile, lui ed Eduardo de Crescenzo sono le “voci” più importanti della musica italiana ed europea, senza alcun dubbio, con le loro dissonanze, i loro contrappunti, i loro respiri, il diaframma (come il mantice di due fisarmoniche), la voce sporca e i falsetti, i mezzi falsetti, le mezze voci, l’ottava sopra, quella sotto, le terze, più di petto Mango, più di testa De Crescenzo.

Senza fronzoli, conta poco il palco o l’impianto, le luci o la location, conta di più la qualità della musica, il contatto con la gente, conta poco il look, gli artisti veri cantano “nudi”: con la loro voce e la loro anima. Non hanno bisogno di spiegarci quella poesia o quel momento del pezzo come se dovessero insegnarci qualcosa, Mango imparava quando cantava, ed è morto “imparando” la cultura e la civiltà della sua terra, nella sua terra.

Lo ricordo con quello sguardo stralunato e timido tipico di un uomo meridionale, antico, vecchio e saggio ma moderno… (mi ci rivedo…), cu ‘ a cammisa ‘a fora e la livrea(come un pulcinella nobile) come Troisi, Pino Daniele, Franco Battiato, Eduardo De Filippo, Totò. Discreto, garbato, come un ulivo da lui cantato, un ulivo con le mani a cuscino, appoggiato sopra una roccia, vicino alla terra, sotto al sole…con l’odore del mare, il sale…

Quanto sale ci è rimasto, ti sei portato via tutta la dolcezza. Un altro Mango non nasce più, come Maradona…

 Come avrei detto ad un fratello-cugino, Addio  Pì…

Salvatore Lanza