Sotto le strade più o meno spaziose, il traffico, la camminata frenetica dei cittadini, sotto la città “dai mille colori” c’è una Napoli sconosciuta, una Napoli del passato che torna magicamente al presente. Dopo circa 150 anni dal progetto iniziale di Ferdinando II di Borbone e del suo architetto Errico Alvino, grazie all’Associazione Culturale “Borbonica Sotterranea”, viene restituito alla città un pezzo importante della sua storia: il Tunnel Borbonico. Ferdinando II di Borbone, il 19 febbraio 1853, firmava un decreto con cui incaricava l’architetto Alvino di progettare un viadotto sotterraneo, per mettere in rapida comunicazione il Palazzo Reale con la caserma di via Pace. L’opera fu iniziata nello stesso anno, ma, con alterne vicende, legate anche al clima politico tormentato, fu terminata solo nel 1939. L’associazione  “Borbonica Sotterranea” ha lavorato diversi anni per liberare dalle macerie e mettere in sicurezza uno dei più suggestivi percorsi sotterranei dell’antica capitale del Regno delle Due Sicilie, proprio dietro Piazza del Plebiscito. L’inaugurazione poco più di un anno fa e la risposta dei napoletani  per l’evento è stata rapida e molto forte. L’ingresso del Tunnel Borbonico (da non confondersi con la Napoli Sotterranea) è alquanto inatteso dato che i visitatori passano nella sala di quello che fu fino a poco tempo fa uno studio veterinario. Ci sono ancora le gabbiette murate per i “pazienti”. Una scritta indica “Rifugio” e scendendo lungo una scala a chiocciola scavata nel tufo si arriva nel primo ambiente sotterraneo. Si scende negli ambienti dell’antico acquedotto del Carmignano (1627-1629) rimasto in funzione fino a fine ‘800. Si tratta di cisterne immense scavate nel tufo a colpi di scalpello i cui segni sono ben visibili sulle pareti. Un ferro di cavallo porta fortuna e il giallo paglierino del tufo accolgono il visitatore. Il tufo è vecchio di 10.000 anni. E’ il frutto di eruzioni della zona dei Campi Flegrei e fu trasportato dal vento per poi depositarsi e solidificarsi in molti luoghi di Napoli e dintorni. La sua resistenza statica è ottima e lo si scava con facilità.
“NOI VIVI” è la scritta a carboncino a ricordo dei momenti di angoscia durante uno degli allarmi aerei. La data riportata è il 26 aprile 1943, allarme delle 13:20.
Oggi è possibile grazie ad un gruppo di appassionati e intraprendenti geologi, ripercorrere un tracciato inusuale dove la storia della città è ben visibile e guardare con i propri occhi luoghi di un’epoca ormai superata.
Ilaria Buonfanti