Il prof. Miguel Ayuso Torres, docente di Scienze politica all’Università Comillas di Madrid, animatore della prestigiosa rivista Verbo, ed autore di numerosi saggi ed articoli sull’origine dello Stato moderno , aprirà il 25 febbraio prossimo a Napoli il Seminario di Formazione 2011 di Fraternità Cattolica e dell’Editoriale Il Giglio con una lezione su “Il legittimismo di fronte alla rivoluzione italiana”. LETTERA NAPOLETANA gli ha rivolto alcune domande sull’unità d’Italia.
D – Il raggiungimento di un’unità politica dell’Italia deve essere considerata un bene?
R- Anzitutto, con l’occasione dei 150 anni dell’unità d’Italia, bisogna rilevare che l’unità politica è servita per mascherare, conservare e consolidare una unità ideologica, che esiste anche, nella gran parte dei casi, tra coloro che si oppongono all’unità ma in nome del federalismo.
La stessa Chiesa, almeno in apparenza, sembra schierarsi su queste posizioni quando vediamo, per la prima volta dal 1870, il Cardinale Segretario di Stato presenziare alle manifestazioni per il 20 settembre a Porta Pia. Certamente nel corso del “Risorgimento” la Chiesa non ha sempre mantenuto una posizione netta, però, come ha osservato Daniele Mattiussi in un suo recente articolo, “Riflessioni, non celebrazioni” (cfr. “Instaurare”, Udine, settembre-dicembre 2010) bisogna distinguere tra il piano politico-diplomatico e quello politico-morale. Sul primo ci furono delle oscillazioni, dovute alla complessità della situazione e ad altri fattori come il giuseppinismo in Austria o le illusioni su una rinascita dell’Italia come nazione cattolica. Ma sul piano politico-morale le posizioni sono rimaste salde: il “Risorgimento” era inaccettabile per le finalità che perseguiva, sopratutto l’obiettivo di realizzare un ordinamento immanentista e secolarizzato, ispirato dalle tesi politiche protestanti.
D – Il “Risorgimento”, quindi, si è svolto a danno dei fattori di unità reali della penisola italiana come la fede cattolica?
R. La cancellazione dello Stato Pontificio aveva come scopo la subordinazione della Chiesa allo Stato, trasformando quest’ultimo nel sovrano. Ecco perché la Chiesa non sbagliò difendendo l’esistenza dello Stato pontificio come condizione per la propria libertà e come elemento di resistenza alla secolarizzazione della società cristiana. Il prof. Danilo Castellano ha scritto che il Risorgimento “è un episodio della grande Rivoluzione, intesa in senso teoretico, cioè come negazione dell’ordine naturale; è il momento dell’affermazione del liberalismo (“Il Risorgimento: interpretazioni e problemi”, in La razionalità della politica, Esi, Napoli 1993, p. 94) e il prof. Giovanni Turco ha dimostrato proprio questo nella sua eccellente raccolta degli articoli della Civiltà Cattolica sul “Brigantaggio” (1861-1870) nei quali i padri gesuiti Carlo Curci e Matteo Liberatore, per citarne solo due, demolirono la tesi di un “Brigantaggio” endemico nel Sud e finanziato dall’estero, sottolineandone il carattere autentico di una legittima difesa delle popolazioni del Regno delle Due Sicilie nei confronti di una conquista che non era solo territoriale, ma soprattutto ideologica. (cfr. Brigantaggio, legittima difesa del Sud. Editoriale Il Giglio, Napoli 2000)
D – L’Italia non è riuscita a darsi un’identità nazionale. Il motivo è il modo in cui è stata costruita la Nazione italiana, cioè sulla base dell’idea giacobina di appartenenza ideologica rispetto all’idea di Nazione come eredità culturale e come Tradizione?
R. La dimensione nazionale non è la più importante. Nell’essenza di una nazione c’è un contenuto culturale, che solo la Rivoluzione ha trasformato in contenuto politico, assolutizzandolo ed al tempo stesso teorizzandolo. A far nascere le moderne nazioni politiche rivoluzionarie, distruggendo le nazioni storiche tradizionali, è lo Stato moderno. Napoli, un’antica nazione che per oltre due secoli appartenne alla monarchia tradizionale ispanica e poi fu Regno indipendente per un secolo e mezzo, nel 1861 fu assorbita da un Regno d’Italia nato al servizio della Rivoluzione. È da qui che si origina la famosa “questione meridionale”. (LN/37/11).
150 ANNI: PERCHÈ NON FESTEGGIAMO L’UNITA’ D’ITALIA, ECCO LE RAGIONI
Nessun motivo per festeggiare il 17 marzo, tante ragioni per essere a lutto, tantissime per lottare per la verità della nostra storia, che è la premessa indispensabile per il riscatto del Sud.
Un pamphlet di Guido Vignelli ed Alessandro Romano, in stampa per l’Editoriale Il Giglio (“Perché non festeggiamo l’unità d’Italia” Napoli 2011, pagg. 144, € 14,00) elenca le ragioni principali per la quali a 150 anni dall’unificazione dell’Italia aumentano estraneità ed indifferenza, spesso ostilità, verso una unità politica concepita da un’infima minoranza ed attuata con la violenza e l’inganno a danno di popoli, nazioni e culture antiche e radicate nella penisola.
Il libro raccoglie due saggi: “Il fallimento del mito risorgimentale. Errori, illusioni ed orrori dell’Italia unita”, di Guido Vignelli, studioso di dottrine politiche, ed autore per il Giglio del saggio introduttivo alla nuova edizione delle Considerazioni sulla Francia, di Joseph de Maistre (Napoli, 2010), e “L’unificazione contro il Sud”, di Alessandro Romano, appassionato ricercatore e studioso di storia della Due Sicilie e dirigente del Movimento Neoborbonico.
“Perché non festeggiamo l’unità d’Italia” sarà presentato sabato 26 febbraio alle ore 18.30 al Grand Hotel Oriente (Napoli, Via Diaz, 44) dal prof. Miguel Ayuso, dell’Universidad de Comillas di Madrid e dal prof. Gennaro De Crescenzo, presidente del Movimento Neoborbonico, nel corso di una serata con la partecipazione degli autori.
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TRADIZIONE: ARAUTOS D’EL REI, RESTAURARE IL PORTOGALLO CON LA MONARCHIA
(Lettera Napoletana) Il governo socialista portoghese di José Sócrates sta strangolando la scuola non statale e cooperativa. Il decreto legge 138/2010 ha già provocato la chiusura di molti istituti scolastici per effetto del taglio dei contributi e dell’imposizione di nuove tasse. Un articolo completo sull’attacco alla scuola libera in Portogallo è apparso sul sito www.arautosdelrei.org del movimento tradizionalista Arautos d’El Rei (Araldi del Re). “Lo strangolamento finanziario della scuola privata e cooperativa ed il condizionamento della libertà di educazione” è il titolo dell’articolo, firmato da José Filipe Sepúlveda da Fonseca, presidente dell’associazione. Altri articoli di rilievo sul sito portoghese sono una denuncia di Raymond de Souza sulle pratiche di controllo demografico attuate da numerosi governi, tra i quali Cina el Messico, fondazioni antinataliste americane come la famigerata Planned Parenthood ed organismi dell’Onu. Di notevole contenuto dottrinale e storico è la sintesi dell’omelia pronunciata dal Rev. Padre Gonçalo Portocarrero de Almada alla Messa in suffragio del Re Carlos I e del Principe Luis Felipe celebrata il 1 febbraio scorso a Lisbona nella chiesa di Nossa Senhora da Encarnaçao. Il penultimo Re del Portogallo ed il figlio maggiore furono assassinati in un attentato organizzato dalla Carboneria il 1 febbraio 1908 al Terreiro do Paço, in pieno centro di Lisbona, mentre erano a bordo di una carrozza scoperta insieme ad altri componenti della famiglia reale. Gli Arautos d’El Rei sono un’associazione monarchica di matrice cattolica che si propone di “restaurare una monarchia basata sui valori della Civiltà cristiana”. (LN37/2011)
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