Il futuro dell’industria del corallo legato alla proposta USA di limitarne il commercio mondiale. Torre del Greco, come si sa, è la capitale mondiale della lavorazione del corallo, attività iniziata due secoli fa grazie all’impulso di Ferdinando IV di Borbone e perfezionata negli anni fino ad elevarsi a forma d’arte insuperata. Intorno alla lavorazione dei preziosi scheletri di polipi si è consolidata una importante fetta dell’economia cittadina che ne fa il quarto polo orafo italiano. La pesca dei coralli per la lavorazione avviene principalmente nei fondali dell’Oceano Pacifico, a una profondità tra i settanta e i centoventi metri e si distingue in qualità di diverse caratteristiche e pregio. Da diversi anni, purtroppo, si sta verificando un progressivo assalto alla barriera corallina delle isole Hawaii da parte dei pescatori di frodo che riforniscono i mercati asiatici. Ebbene, gli Stati Uniti, per fronteggiare l’attacco all’ecosistema della barriera hawaiana, fonte, tra l’altro, di ingenti proventi per l’industria locale del turismo, hanno proposto di inserire il corallo nella lista CITES, dichiarandola, così, specie animale in via di estinzione. Come misura di protezione dall’estinzione, è prevista una drastica riduzione del commercio dei coralli e dei prodotti della lavorazione, che, in pratica, costituirebbe la morte della manifattura del corallo torrese – e che, per inciso, non è detto che rappresenti la soluzione per eliminare il problema della pesca di frodo nel Pacifico –. Al fianco delle imprese torresi si sono schierati il governo italiano e l’Unione Europea, intenzionati a respingere la proposta americana che non rappresenta la giusta soluzione al problema, perché punirebbe anche chi, come i produttori di Torre del Greco, acquista solo i coralli provenienti da banchi più profondi per i quali la comunità scientifica internazionale ha escluso il rischio di estinzione. Sarebbe piuttosto auspicabile l’imposizione di limiti alla pesca nelle aree con ecosistema più fragile, come nel caso della barriera corallina delle Hawaii, e nell’effettuare controlli più capillari sia nelle aree di protette che sui mercati asiatici di sbocco. Nel frattempo, Torre del Greco trattiene il fiato.
di Domenico Maria