Lo studio delle fonti archivistiche costituisce il punto di partenza insostituibile della ricerca storica. Ma, a volte, i documenti di archivio contraddicono le versioni “ufficiali” per così dire delia storia stessa. E’ questo il caso dei documenti militari rinvenuti e raccolti anni or sono dal barone Roberto Selvaggi :si tratta degli archivi privati Selvaggi, Cosenza, Statella, Ruffo, e di altri fondi minori.Spesso infatti la storia di una famiglia è alternativa alla storia dei “grandi” ! Ebbene, attraverso i documenti sopra richiamati, è possibile smentire uno dei luoghi comuni più duri a morire, ossia quello che vedeva l’esercito napoletano di Francesco II composto da infingardi e pelandroni, un esercito costituito cioè da soldati pressoché incapaci di ingaggiare seriamente battaglia.Un esercito che, insomma (come dicono molti libri di storia) “si dissolse” all’arrivo dei garibaldini.Niente di più sbagliato: si evincono, infatti, proprio dalle fonti dell’epoca sia la cronistoria che le varie traversie vissute a cavallo tra il 1860 ed il 1861 dall’armata meridionale. Qui basterà citare poche note salienti sotto il profilo temporale. Com’è noto l’esercito napoletano era composto da brigate e reggimenti di varia consistenza.La gran parte di essi ripiegò dalla Sicilia, lungo la Calabria e la Basilicata, raggiungendola Capitale. Poi combatté sino allo scioglimento dell’esercito, tra la resa di Gaeta e la caduta di Messina e di Civitella del Tronto, ossia afine marzo del 1861. In particolare si distinsero i battaglioni della Gendarmeria Reale, i Cacciatori, i Tiragliatori, i Carabinieri (esteri), la Guardia Reale, i reparti di Artiglieria e anche quelli del cosiddetto Battaglione del treno (una specialità tutta napoletana).Ebbene, siccome Garibaldi giunse a Napoli appena agli inizi di settembre del 60, si vede bene che non una di quelle file di antichi soldati napoletani “si dissolse” al suo arrivo. Anzi: vari furono gli episodi di eroismo compiuti dai militari dell’armata del Sud:ma di essi non parla quasi nessun libro di storia, perchè come si sa la memoria di ciò che è accaduto nel campo degli sconfitti frequentemente viene rimossa. Fortunatamente lo studio dei predetti archivi privati ci aiuta a ristabilire molte verità storiche e a restituire onore e dignità a quel esercito “scomparso” costituito dai nostri avi, che seppe fare sino in fondo il proprio dovere.
di Antonio Boccia