S.M. Carlo, primo re dell’Era Borbonica, dopo aver conquistato e fondato il Regno delle Due Sicilie sui principi cattolico – sociali di spirito “moroiano”, dovette partire per la Spagna per assurgere a quel trono per la morte prematura di suo padre.
Lasciò in eredità ai suoi discendenti ed ai suoi sudditi Napolitani un Regno di benessere e di pace, una Nazione ricca e prospera che, però, suscitò “l’invidia e l’ambizione” dei padroni del mondo, atei e massoni, “che congiurarono insieme per abbatterlo e spogliarlo”.
Carlo partì dal porto di Napoli con grande partecipazione di Popolo, quello stesso Popolo che poi, dal 1860 al 1872, si immolò “sui campi dell’onore” e sugli Appennini per difendere la propria Patria ed il Proprio Re.   
In allegato un articolo pubblicato da “Il Mattino” di Napoli, prontamente recuperato dal compatriota Nunzio Porzio. Nello stesso, oltre alla storia dell’evento, viene annunciata l’esposizione presso l’Istituto Cevantes di Napoli di importanti dipinti che ricordano quell’avvenimento.
di Alessandro Romano
 
L’addio di re Carlo, sovrano di due nazioni.
L’anniversario
Due secoli e mezzo fa il capostipite dei Borbone partiva per la Spagna.
Il 7 ottobre di 1759 Carlo di Borbone, scortato da una squadra di navi ispanonapoletane, lasciò Napoli per diventare re di Spagna sotto il nome di Carlo III. Lasciò Napoli a malincuore, ma era suo dovere. La partenza fu enormemente sentita da parte dei napoletani, popolo e aristocratici, che riempivano la darsena e le strade che arrivavano al porto, qualsiasi posto era buono per vedere un’ultima volta il re tanto amato. Il fratellastro Ferdinando VI era morto ad agosto senza discendenza sul trono di Spagna e lui, inaspettatamente, arrivava sul trono di un paese che ostentava ancora un impero. La sua partenza venne rappresentata in una serie dipinta da Antonio Joli della quale si conservano a Napoli due quadri a Capodimonte mentre altri due sono alla Prefettura. Ricordo il giorno che ho avuto l’opportunità di vederli in Prefettura, ero stato invitato dall’allora ministro spagnolo di Cultura, César Antonio Molina, all’incontro con Sandro Bondi, suo omologo italiano. Lì si parlò di tante cose interessanti, come ad esempio di una legge nazionale di tutela del patrimonio napoletano legato alla Spagna. E mentre si parlava io guardavo questi quadri splendidi negli uffici del prefetto che tanti napoletani non conoscevano. Qualche settimana dopo incontrai Carlo Knight e lui mi chiese di fare qualcosa al Cervantes per ricordare l’anniversario della partenza di Carlo di Borbone. Mi vennero subito in mente i quadri della Prefettura, perché pensavo che sarebbe stato altamente simbolico farli vedere, nel giorno del 250mo anniversario della partenza, al Cervantes, quel pezzo di Spagna a Napoli, che in più si trova a Santa Lucia, di fronte a quel mare che vide salutare Carlo in quella lontana mattina di ottobre. Il Prefetto e la Provincia di Napoli, proprietaria dei dipinti, hanno dimostrato la sensibilità necessaria per capire l’operazione e così domani i napoletani potranno omaggiare il loro sovrano più amato venendo al Cervantes a vedere questi quadri che eccezionalmente escono dalla Prefettura per un solo giorno. In seguito ho saputo della pièce di Giuseppe Montesano che veniva proposta al festival di settembre a Caserta e l’ho subito contattato per averla al Cervantes e chiudere così la nostra giornata. Si tratta di un testo efficacissimo che, con l’ironia abituale del grande talento di Montesano, ci racconta le ombre e le luci di Ferdinando IV, il figlio che Carlo di Borbone lasciò 250 anni fa sul trono di Napoli. Carlo e Ferdinando erano entrambi terzogeniti, dunque il loro destino non sembrava quello di portare una corona. Ma sappiamo che destino è solo il nome pomposo che diamo alle circostanze. Nel caso di Carlo la circostanza determinante fu la tenacia di una madre ambiziosa, Elisabetta Farnese, che volle fortemente un regno per suo figlio. Per quanto riguarda Ferdinando IV ci fu la doppia circostanza della incapacità di suo fratello maggiore, Filippo (la tomba del quale si può vedere tutt’oggi a Santa Chiara), e del fatto che l’altro fratello, Carlo, partì con il padre, per motivi di successione, diventando poi Carlo IV di Spagna. Il lascito monumentale di Carlo di Borbone a Napoli è semplicemente impressionante. La Reggia di Caserta, il teatro San Carlo (anche se amava molto di più la caccia della musica), l’enorme mole incompiuta dell´Albergo dei Poveri, la Reggia di Portici, il Foro Carolino (oggi piazza Dante), Capodimonte o quel piccolo altare nella sacrestia della chiesa del Carmine a piazza Mercato con il suo volto e quello della amata moglie Maria Amalia di Sassonia. Una sua statua equestre la troviamo nella maggior piazza napoletana, piazza del Plebiscito, e un’altra si può ammirare sulla piazza più centrale di Madrid, la Puerta del Sol. Un 7 ottobre di 250 anni fa Carlo partì per la Spagna. Anche lì fu un re importante per le sue riforme. Il miglior sindaco di Madrid, si dice ancora oggi per gli importanti lavori che fece in quella città, come la Porta d’Alcalà, una porta che si apriva a uno spagnolo di ritorno da Napoli. Con Carlo, diversamente dal periodo del viceregno, Napoli tornò a essere indipendente, ma, come era ovvio, la sua condizione di «Infans Hispaniarum», ossia, infante di Spagna, faceva sì che il rapporto con la Spagna, dove regnavano i suoi genitori, fosse strettissimo.
 Il Direttore Istituto Cervantes di Napoli
José Vicente Quirante Rives
 Da “IL MATTINO” di Napoli del 6/10/2009