Tradizione. Dom Bertrand: “senza élites non c’é progresso”. Sua Altezza Imperiale e Reale Dom Bertrand de Orléans-Bragança (Mandelieu, Francia, 1941) è membro della casa imperiale del Brasile. Trisnipote dell’ultimo Imperatore del Brasile Dom Pedro II, è imparentato con la Casa Reale dei Borbone-Due Sicilie, essendo nipote della Principessa Maria Pia di Borbone, nipote del Re Francesco II. Fin da giovane ha aderito, insieme al fratello maggiore Dom Luis, alla Società di difesa della Tradizione Famiglia Proprietà, fondata dal prof. Plinio Corrêa de Oliveira. Si dedica con straordinario impegno all’apostolato intellettuale tenendo conferenze e seminari di formazione in America Latina, Stati Uniti ed Europa e sostiene Associazioni in difesa del diritto alla vita e della famiglia. Tra esse: O Amanhã de nossos Filhos in Brasile, la Fundación Argentina del Mañana, e Famiglia Domani in Italia.
Lettera Napoletana ha avuto il privilegio di rivolgere alcune domande a Dom Bertrand.
 D. Ritiene che la società occidentale stia soffrendo gravemente la crisi delle élites, a partire dalla nobiltà?
R. La crisi della società occidentale è una crisi universale, come ha scritto il Prof. Plinio Corrêa de Oliveira nel suo libro “Rivoluzione e Controrivoluzione”. La Rivoluzione – cioè la crisi della Cristianità occidentale – è universale, una, totale, dominante e costituisce un processo. Quindi colpisce tutte le classi sociali. Tuttavia la nobiltà ha una missione speciale nella guida della società ed una particolare responsabilità. Ad essa ora compete un dovere particolare nella restaurazione della società, perché per restaurare la società nel suo insieme, è necessaria la restaurazione delle élites. Senza una vera aristocrazia non è possibile restaurare la società nella sua completa organicità.
 
D. Senza aristocrazia ed élites una società è destinata alla decadenza?
R. Sì. Vediamo perché: che cos’è un’élite, che cos’è un’aristocrazia? Un’aristocrazia non è altro che il ceto che si forma con una lunga tradizione della pratica di alcune virtù e di sacrifici per il bene comune. Essa costituisce un punto di riferimento per orientare il resto del corpo sociale. Se non si forma un ceto che si caratterizzi proprio per il sacrificio continuato in favore del bene comune, che costituisca un esempio per l’insieme della nazione, un esempio che sostenga e ispiri tutti, vuol dire che la nazione in questione è avviata alla decadenza.
 
D. Su quali basi può fondarsi una rigenerazione delle élites?
R. Sulle virtù. E mi riferisco alle virtù come sono definite dalla religione cattolica: le virtù teologali: fede, speranza a carità e le virtù cardinali: temperanza, fortezza, prudenza e giustizia. Sono le virtù fondamentali per la persona, individualmente considerata, ma anche per la restaurazione dell’intera società. Senza la religione, senza la fede, senza la pratica delle virtù, non c’è alcuna possibilità di rigenerazione delle élites.
 
D. Il governo dell’Unione Europea, che condiziona sempre di più la sovranità dei singoli Stati è retto da tecnocrati sempre più potenti. C’è il rischio che la tecnocrazia sostituisca definitivamente le élites e le aristocrazie?
R. Le tecnocrazie in genere non hanno il senso del bene comune. Le aristocrazie appartengono al tessuto sociale; le tecnocrazie sono calate dall’alto. In genere hanno una visione materialista della società, dell’economia, delle leggi. Non tengono conto dei piani di Dio per ogni popolo, non tengono conto dell’ordine naturale, pianificano tutto a tavolino e non hanno il discernimento necessario per orientare le giuste aspirazioni della gente.
Nella società cristiana il re ha un ruolo per la nazione, il nobile per la regione e il padre di famiglia per la famiglia. Qual è questo ruolo? Egli deve impersonare le virtù dei suoi, diventarne un simbolo vivente e costituire un esempio che li ispira e li sostiene. Deve essere il naturale difensore del suo popolo. È per questo che i re erano in prima fila nelle battaglie.
Poi c’è un punto fondamentale: il re deve “auscultare” le aspirazioni autentiche del suo popolo e deve orientarlo per i disegni di gloria di Dio che la Provvidenza ha assegnato a quel popolo, utilizzando la propria esperienza personale. Perché “auscultare” il popolo? C’è un detto popolare che dice “vox populi, vox Dei”. Questo detto non è sempre vero. Hitler, per esempio, quando prese il potere fu sostenuto da un referendum con l’85%. dei consensi. Certo non era la voce di Dio! Il mio maestro, il prof. Plinio Correa de Oliveira, completava questo detto affermando: “vox populi Dei, vox Dei”. Un popolo virtuoso permette a chi lo dirige di conoscere i veri disegni che la Provvidenza ha su di esso. Dubito che un tecnocrata possa farlo, solo un’élite autentica lo fa.
 
D. Il Brasile è ormai una delle prime 10 potenze economiche, ma non ha un peso politico pari. A che cosa si deve attribuire questa debolezza?
In effetti il Brasile si proietta sempre di più nel quadro internazionale e gli si riconosce da molte parti che ha un grande futuro. Ma è vero che presenta la debolezza della quale lei parla. Essa gli proviene in primo luogo dal fatto di essere una nazione giovane. In secondo luogo dal fatto che i governi del XX secolo non si sono proposti di sviluppare le potenzialità del Brasile come grande nazione cattolica. Quando il Brasile affermerà la sua profonda identità cattolica diverrà una grande nazione nel consesso delle nazioni.
 
D. Il suo impegno intellettuale e quello della sua famiglia sono noti. Ma che cosa si può dire delle monarchie ancora vigenti?
Senza entrare nello specifico, resta sempre valido il principio che le monarchie devono essere al servizio degli ideali dei quali ho parlato prima.
Mio fratello Dom Luis ed io cerchiamo di avere piena consapevolezza di quanto insegna Pio IX nell’enciclica “Quanta Cura”: il potere fu dato ai principi non solo per il governo dei popoli, ma per il sostegno della Chiesa. Ciò ridonda poi in beneficio anche per il popolo. Tanto più il popolo sarà virtuoso, tanto più progredirà. Sant’Agostino, nella Città di Dio, afferma che se in una società tutti praticano i dieci comandamenti, una nazione è invincibile.
La storia di Napoli, all’epoca di Ferdinando II, ne è un esempio. Il regno delle Due Sicilie raggiunse il suo apice. Il re era cattolico praticante, assisteva ogni giorno alla Messa, recitava il rosario in famiglia, comunicava al suo popolo la virtù. Il risultato fu non solo l’ascesa morale ma l’autentico progresso materiale della nazione.
 
D. Che influenza ha avuto su di Lei l’eredità culturale delle Due Sicilie?     
R. Ciò che ritengo di avere di più prezioso é la fede cattolica. Essa è frutto della Grazia di Dio, ma ad essa contribuì immensamente mia nonna, la principessa Maria Pia di Borbone Due Sicilie, nipote di Francesco II. Fu lei ad insegnarmi il catechismo ed a preparami per la Prima Comunione. Mi diede i fondamenti di una visione cattolica, monarchica, controrivoluzionaria. Di tutto questo le sono immensamente grato. (LN25/10)
 fonte www.editorialeilgiglio.it