Il Grande Oriente d’Italia ha celebrato a Napoli l’8 ottobre i 150 anni dell’unificazione dell’Italia con un convegno al Teatrino di Corte di Palazzo Reale. L’appuntamento ha costituito una delle tappe delle celebrazioni che la massoneria di Palazzo Giustiniani sta organizzando in tutta Italia per rivendicare con forza la paternità del “Risorgimento” e le sue conseguenze politiche. A Napoli si sono radunati circa 500 tra affiliati (che rispondono al Collegio dei Maestri venerabili di Campania e Basilicata), e simpatizzanti. Stemmino con squadra e compasso, spesso affiancato da una bandierina tricolore all’occhiello, i massoni, in prevalenza over 50, ma con una discreta presenza di giovani e numerose donne, hanno ascoltato interventi e testimonianze di storici, giornalisti e studiosi di “sicura fede” nel corso di un talk-show condotto da Alessandro Cecchi Paone, noto anche come testimonial delle campagne omosessualiste. Sul palco, accanto al Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia Gustavo Raffi, c’erano l’ex segretario del Partito liberale italiano Valerio Zanone, nominato presidente del Comitato scientifico per le celebrazioni del G.O.I.; Paolo Peluffo, ex consigliere per la stampa del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, e suo capo ufficio stampa al ministero del Tesoro; gli storici Piero Craveri (Università Suor Orsola Benincasa), Santi Fedele (Università di Messina) e Renata De Lorenzo (Federico II); il regista Italo Moscati e la scrittrice Valentina Pattavina. Per l’occasione Poste italiane ha distribuito un annullo con il timbro del Grande Oriente d’Italia affiancato al logo ufficiale del Comitato per le celebrazioni dei 150 anni.
 Il saluto della Regione Campania è stato portato dall’ex Rettore dell’Università Federico II Guido Trombetti, a lungo molto vicino ad Antonio Bassolino, poi diventato assessore all’Università e alla Ricerca nella giunta di centrodestra guidata da Stefano Caldoro, che ha definito “una splendida manifestazione” la riunione del G.O.I., annunciando anche l’arrivo di Caldoro per le conclusioni. «È roba nostra», ha commentato a voce alta uno dei presenti, senza che si comprendesse a chi dei due volesse riferirsi. In sala anche il Capo del Cerimoniale del Comune di Napoli, Umberto Zoccoli, numerosi amministratori di Comuni del napoletano e della Campania, giunti al convegno a bordo di auto di servizio, ed alcune crocerossine in divisa.
 Gli interventi dal palco hanno tracciato, attraverso l’appartenenza massonica, un filo rosso che va dall’Illuminismo («le logge massoniche si trasformarono in club giacobini», ha detto il prof. Santi Fedele) alla Seconda guerra mondiale. Cecchi Paone ha intervistato una comparsa che impersonava Gioacchino Murat e ne ha rivendicato orgogliosamente l’iniziazione alla massoneria (26 dicembre 1801, nella loggia l’Heureuse Rencontre di Milano) e poi la nomina a Gran Maestro del Grande Oriente del Regno di Napoli nel 1809. Il giornalista e divulgatore scientifico ha polemizzato più volte con la Lega («Non volevano che parlassimo di unità, ma li abbiamo sommersi di tricolori»). Durante il suo intervento sullo sfondo del palco è stata proiettata la bandiera dei giacobini della “Repubblica Partenopea” del 1799, un tricolore blu-giallo-rosso che si ispirava alla bandiera della Francia rivoluzionaria. Tra gli invitati anche la professoressa Renata De Lorenzo, presidente della Società Napoletana di Storia Patria, autrice di un recente libro su Murat. A Roma, il libro è stato presentato dal Grande Oriente d’Italia, l’8 luglio a Villa Il Vascello.
Il Prof. Piero Craveri, che è nipote di Benedetto Croce, ha riaffermato la continuità diretta tra Rivoluzione del 1799 e Risorgimento, citando giacobini e “patrioti” affiliati alle logge (Gaetano Filangieri, Eleonora Pimentel Fonseca, Carlo Poerio, Bertrando e Silvio Spaventa, Pietro Colletta, Gabriele Pepe…). Nel percorso iniziatico il prof. Santi Romano e Cecchi Paone si sono spinti fino alla seconda guerra mondiale indicando in un altro massone, Giovanni Amendola, liberale e padre del comunista “migliorista” Giorgio Amendola, «il punto di collegamento con la tradizione liberale e massonica» (Santi Fedele). «Affiliato ad una loggia di Roma, ed iscritto alla Società Teosofica – ha detto Santi Fedele – coltivava interessi esoterici. Fu “in sonno” per un periodo, ma si riavvicinò alla massoneria negli anni successivi al 1922». Santi Fedele ha ricordato che i massoni italiani emigrati a Parigi quando ricostituirono una loggia nel 1929 decisero di intitolarla a Giovanni Amendola.
 
 fonte:  Lettera Napoletana a cura di www.editorialeilgiglio.it